«Ho molti dubbi che la felicità sia di questo mondo. Perché per essere felici dovrebbero esserlo tutti i viventi, gli uomini, gli animali, le piante, anche le cose che ci circondano e questo purtroppo non ci è dato. La felicità sono le felicità, micromomenti che diventano un lampo nel quale si vive e che di fatto costituiscono una rivoluzione. Quando si manifestano cambiano la nostra percezione delle cose, retroilluminano il passato, ci fanno vedere diversamente il futuro». Mariangela Gualtieri, con la guida di Cesare Ronconi, è tra le ospiti più attese dell’ultimo giorno di Salerno Letteratura. Nella chiesa di San Benedetto sarà protagonista di un “rito sonoro” nel quale darà voce ai versi di Quando non morivo, intrecciandoli ad inediti per dare voce a una partitura che si avvicina a quello che Amelia Rosselli chiamava “l’incanto fonico”. Tutto muove dalla certezza che la poesia attui la massima efficacia nell’oralità, da bocca a orecchio, in un rito in cui anche l’ascolto del pubblico può essere ispirato quanto la scrittura e quanto la voce. «Il mio non sarà né un reading né uno spettacolo – spiega – È un tentativo di riscrivere quei versi al presente chiedendo al pubblico di cadere in un ascolto plenario e ispirato». E L’Incanto fonico. L’arte di dire la poesia è anche il titolo del libro che una delle più note poetesse italiane ha dato alle stampe per Gli Struzzi-Nuova serie. Nella sua arte di dire la poesia, Gualtieri ci parla invece solo del resto. E per farlo trova un linguaggio nuovo e sorprendente: non un discorso sul dire la poesia ma una scrittura con il dire la poesia.