Il Duomo è conosciuto anche come Cattedrale di San Matteo, perché nella cripta custodisce le reliquie dell’evangelista. È il principale luogo di culto cattolico in città. Realizzato in stile romanico nell’XI secolo, vanta un campanile con otto grandi campane che è un esempio dello stile arabo-normanno. La sua costruzione si deve in particolar modo a due avvenimenti importanti: la traslazione delle spoglie di San Matteo da Capaccio-Paestum a Salerno e la conquista della città nel 1075 da parte del Duca normanno Roberto di Altavilla, detto il Guiscardo, che mise fine al principato longobardo durato 237 anni.

Il Complesso della Chiesa dell’Addolorata e del Monastero di Santa Sofia ha una storia antica. Il monastero risale come fondazione al IX secolo e quindi è di origine longobarda. Dopo varie vicissitudini, nel 1500 a Salerno arrivano i gesuiti e si insediano nel monastero, edificando la chiesa nelle forme in cui oggi la vediamo. La bella scalinata che dà accesso alla chiesa, è la prova dell’intento scenografico caratteristico della Controriforma e della vocazione alla rappresentazione sacra dei Gesuiti. Oggi la chiesa è adibita a luogo di eventi culturali e di esposizione. L’interno è arricchito da dipinti murali del XVI e XVII secolo.

Il Museo diocesano è senza dubbio il più importante contenitore di opere d’arte di Salerno. La sede attuale non è quella originaria, ma corrisponde al recupero della struttura del Seminario Diocesano, che, con la Biblioteca e l’Archivio, costituisce un grande polo culturale della città e della provincia. L’attuale configurazione dell’edificio corrisponde ai lavori fatti eseguire nel 1832 dall’arcivescovo Lupoli. Il patrimonio artistico del Museo comprende opere che vanno dal Medioevo al XX secolo, tra cui gli avori salernitani che costituiscono la più vasta e completa raccolta di tavolette eburne istoriate del Medioevo (prima metà del XII sec.) cristiano esistente al mondo. Si tratta di 67 pezzi, di cui 37 illustrati con scene dell’Antico e Nuovo Testamento. Sembra che facessero parte di un paliotto d’altare. Della raccolta mancano notizie nei secoli medievali. Il primo cenno risale al 1510, mentre solo al 1575 risale il primo elenco. Da segnalare, poi, un rotolo miniato dell’Exultet, una Croce dipinta (detta del Barliario), degli inizi del XIII secolo, la Croce lignea (detta di Roberto il Guiscardo), una ricca raccolta di tempere su tavole del XIV, XV, e XVI secolo e alcune tele di scuola caravaggesca donate dal Marchese Giovanni Ruggi D’Aragona nel 1870 alla Cattedrale di Salerno.

Situato al piano terra di palazzo Pinto, in via Mercanti, rappresenta un elemento fortemente simbolico dell’architettura palaziale. Come si legge sul sito del Fai, Fondo per l’ambiente italiano, lo splendido arco ribassato in piperno è contornato da due capitelli realizzati con raffinate decorazioni floreali tendenti a estremi virtuosismi, che per l’accurata fattura richiamano gli interventi delle più ambite maestranze provenienti dal levante iberico dalle dimore signorili di Castiglia e di Catalogna, come l’architetto e scultore Matteo Forcimanya, l’architetto Guglielmo Sagrera e lo scultore Pere Johan.

L’Archivio di Stato di Salerno, istituito nel 1812, raccoglie oltre 130000 unità archivistiche e più di mille pergamene, oltre ad avere una biblioteca di circa ventiquattromila volumi. Si trova in un Palazzo medioevale attualmente ristrutturato, con annessa Cappella di San Ludovico del XIII secolo. Il patrimonio dell’Archivio di Stato è composto da fondi di provenienza statale, a partire dall’Antico regime fino ai giorni nostri, e fondi di origine non statale. Tra i documenti dell’Antico regime (fino al1806) vi sono gli atti delle Corti locali, della Regia Udienza Provinciale, del Catasto e del Catasto onciario. I documenti del periodo napoleonico e della Restaurazione comprendono gli atti dell’Intendenza, delle magistrature giudiziarie, del Catasto murattiano e i documenti demaniali. Del periodo post unitario fanno parte i documenti relativi alla Prefettura ed alle Sottoprefetture, all’ordinamento giudiziario, all’Intendenza di Finanza, al Genio Civile, al Provveditorato agli studi ed al Subeconomato dei benefici vacanti. I fondi di provenienza non statale comprendono protocolli notarili, archivi comunali, dell’Amministrazione provinciale, delle corporazioni religiose, archivi privati e l’archivio del Collegio medico che, a differenza della celebre Scuola medica, si occupava di conferire i gradi accademici e di vigilare sui medici e i farmacisti. La biblioteca dell’Archivio, nata come supporto all’attività di ricerca documentaria svolta dagli archivisti e dai frequentatori della Sala di Studio, nel corso del tempo è cresciuta specializzandosi sempre di più nella storia dell’Italia meridionale. Raccoglie infatti materiali e pubblicazioni relativi alla storia locale ed alla storia del Mezzogiorno, sia tramite acquisti che per i doni degli stessi autori. Attualmente conta oltre 25000 volumi, per la gran parte catalogati in SBN. Conserva anche un’importante collezione di periodici che annovera più di cento testate e alcune migliaia di opuscoli che costituiscono le miscellanee. Importanti sono alcuni fondi privati donati all’Archivio, tra questi i principali sono il fondo Paolo Emilio Bilotti, il fondo Carrano, il fondo Silvestri.

Nell’area orientale della città, lungo l’asse principale in prossimità di Porta Nova, oggi via dei Mercanti, antica strada in cui vi era il commercio cittadino, tutt’ora presente, con botteghe artigiane e diverse attività, nel secolo XII venne eretta la chiesa di Santa Maria, poi detta della Neve (attualmente Chiesa del Santissimo Crocifisso), un edificio a tre navate di impianto basilicale databile al secolo XII che ingloba un ambiente ipogeo decorato nel tardo sec. XIII del Santissimo Crocifisso.
Adiacente al lato meridionale della chiesa insisteva il monastero delle clarisse di Santa Maria della Pietà, poi detto della Piantanova, del quale la prima notizia giunta fino a noi è del 7 giugno 1450, quando Caterina Damiano, monaca sagrista di San Giorgio, lo nomina nel proprio testamento.
Per quanto oggi completamente trasformato e illeggibile nelle sue strutture originarie – perché smembrato e adibito in parte ad abitazioni private, in parte a sede di uffici della Provincia di Salerno e in parte ospita le Ancelle del S. Cuore – esistono ancora degli elementi decorativi che collocano il monastero all’interno di quell’architettura, diffusa in Campania a partire dall’XI secolo, caratterizzata dall’utilizzazione di tarsie policrome giocate sull’utilizzo di fasce alternate di tufi grigi e gialli.
L’antico loggiato con archi incorniciati da larghe fasce policrome, databile tra XIV e XV secolo che, presumibilmente correva sui quattro lati dell’edificio, è oggi inglobato in un’abitazione ed è possibile soltanto vedere da lontano alcuni pezzi scultorei sul lato orientale del fabbricato. Pochissimi elementi, tra cui alcuni archi a sesto acuto tuttora esistenti nei locali dell’ex convento ne confermerebbero la datazione di origine al XIII secolo.

Il Museo si trova nel cuore del centro storico di Salerno. E’ un museo senza barriere destinato anche al pubblico delle persone disabili. Il Museo Virtuale nasce dalla trasformazione e dall’ampliamento del Museo Didattico della Scuola Medica Salernitana, realizzato nel 1993 dalla Soprintendenza. Nel museo virtuale rivivono, in un racconto coinvolgente e interattivo, i temi e i protagonisti di quella gloriosa pagina che, negli anni immediatamente seguenti al Mille, vide Salerno al centro del rinascimento scientifico dell’Occidente. Snodo importante di traffici culturali e commerciali, Salerno, capitale longobarda ben radicata nella cultura classica, raggiunse nell’elaborazione scientifica espressioni di libertà e di apertura culturale di respiro internazionale. Qui, attraverso lo studio delle fonti autorevoli della medicina classica e di quella araba e attraverso l’attività medica praticata ed insegnata da monaci e da laici, si definì quel sapere scientifico che poneva al centro della filosofia l’uomo con la sua salute, le sue regole e la sua armonia con la natura. Un’attenta ricerca tra preziosi codici medioevali, conservati nelle più importanti biblioteche italiane ed europee, ha fornito il ricchissimo corredo iconografico della narrazione che si snoda, piana e fruibile, tra spettacolarizzazioni e miniature animate. Il piccolo museo è diventato negli anni punto di riferimento di studiosi, turisti e pubblico scolastico ai quali è stata offerta un’ampia documentazione ed informazione attraverso filmati, pannelli luminosi, riproduzioni fotografiche e riproduzioni di antichi strumenti chirurgici. L’innovazione tecnologica ha reso in poco tempo inadeguate le strumentazioni utilizzate ed è stato pertanto necessario progettare questo nuovo allestimento, che si avvale delle più avanzate tecnologie informatiche ed è in grado di colloquiare in maniera diffusa sia con un pubblico genericamente informato.

Il palazzo della Camera di commercio ha sede in via Roma e venne costruito alla fine degli anni ’20. L’iter per la costruzione del palazzo iniziò nel 1910, quando la Camera di commercio fece richiesta al Comune di Salerno per delle zone risultanti della sistemazione della spiaggia urbana al fine di costruire il palazzo. I suoli furono aggiudicati all’ente camerale nel 1914, quando il comune di Salerno bandì l’asta, e nel 1915 fu emanato il bando per la costruzione dell’edificio progettato dall’ingegnere romano Arturo Gasparri coadiuvato dall’ingegnere Gioacchino Luigi Mellucci. Con il sopraggiungere della guerra l’esecuzione fu sospesa ma, nel 1920 si riuscì a dare l’avvio ai lavori. Con la morte di Gasparri subentrò l’architetto Francesco Leoni che rivide parzialmente il progetto e soltanto nel 1927 la struttura fu inaugurata. Nel progetto di Gasparri l’edificio si elevava su tre livelli ma, dopo la morte di quest’ultimo furono aggiunti altri due piani dal subentrato architetto Francesco Leoni. L’edificio si presenta di forma rettangolare con strutture verticali in muratura portante. La pavimentazione è completamente in marmo a losanghe di legno. La facciata è caratterizzata da edicole e balconi in stile neo rinascimentale. All’interno sono presenti soffitti in stucco decorati con pannelli di Umberto Amati, decorazioni pittoriche della ditta Bruni e Meschini di Roma, stucchi della ditta Augusto Costantino e pitture e tele dell’artista salernitano Pasquale Avallone.

Il palazzo fu costruito nel corso del XIII secolo. Alcuni studiosi lo ritennero la reggia longobarda, altri un semplice edificio di pregio di età medioevale e altri ancora un rifacimento di epoca sveva del palazzo di Arechi II. Al 1738 risale un documento notarile che descrive l’edificio, allorquando fu ceduto in enfiteusi a Bartolomeo Longo dal Capitolo della Cattedrale. Un primo restauro alla struttura vi fu negli anni Cinquanta a opera di Giorgio Rosi, che introdusse alcuni elementi mancanti (come le colonne decorative del secondo livello). Nel 1967 il palazzo fu espropriato alla famiglia Fruscione (da cui prende il nome) e solamente nel 2009 sono iniziati i lavori di restauro sotto la direzione dell’architetto Mario dell’Acqua e con la collaborazione, per quanto riguarda la parte archeologica e storica, del professor Paolo Peduto. Nel corso degli ultimi lavori è stato eliminato il quarto livello aggiunto nel XIX secolo al fine di consolidare l’interno.