Con un rossetto ciliegia e un sorriso da brivido, Chiara Francini ha accolto la platea di Salerno Letteratura, per presentare, in compagnia della giornalista Francesca Salemme, il suo Il cielo stellato fa le fusa (Rizzoli). «Nei miei libri si parla sempre di cibo – ha esordito – perché la ritengo una dimensione molto importante della convivialità. Nel momento specifico che abbiamo vissuto, poi, le parole sono state ancora più importanti, perché hanno preso il posto degli abbracci non dati, dei momenti perduti». Attrice e scrittrice, ha scelto di raccontare una storia che prende vita sulle colline di Firenze, durante un giorno di maggio. In questa magione profumata di fiori, caffellatte e bucati s’ha da svolgere, durante un fine settimana, un convegno prelibato che parla di Cibo e Cultura. I partecipanti, golosi di bellezza e d’arte, vengono da ogni angolo del creato. Governante e regina della magione è la Lauretta, colei che tutto tiene a bada. Ma d’improvviso, accade l’impensabile. Il variopinto bouquet d’umani si trova rinchiuso, sprangato per un tempo assai più lungo di quello immaginato… Cosa ci ricorda? Una clausura involontaria, un perimetro stretto stretto, anche se straordinario. «Ho sempre amato leggere, da ragazza mi caratterizzava questa necessità di nutrirmi di cultura; lo studio è fatto di tensione. Il mio babbo ha la terza media ed è un uomo molto colto perché si è sempre sfamato di ciò che gli piaceva. Sofia Loren diceva che è diventata quella che è per via degli spaghetti, io per le letture ed il corso di studi che ho fatto. Studiare mi ha reso libera e la libertà è la sola cosa per cui bisogna lottare», ha detto ai suoi fan. Una giovane donna libera, fiera e complessa, che delle sue fratture ha fatto un punto di forza: «Anch’io ho le mie ansie, le mie perplessità, i miei momenti di down. Però nel tempo mi sono fatta un’idea: la perfezione ha il pallore di una giornata estiva. Invece dobbiamo tendere ad essere dei meravigliosi esemplari di imperfezione. Non sarò la più bella né la più brava. Ma nessuno sarà Chiara e di questo ne vado orgogliosa. Dostoevskij diceva che la bellezza salverà il mondo, io invece dico che l’autoironia è la capacità di comprendere che le stranezze sono occasione di unicità».