Incontro con Benjamín Labatut, autore di Quando abbiamo smesso di capire il mondo (Adelphi)
Conduce Gennaro Carillo
Ci sono ore fatali, nella storia della scienza, che non hanno nulla di epico. Labatut allestisce una sorta di contro-storia della scienza, in cui il caso e la follia giocano un ruolo determinante. Si pensi alla scoperta del blu di Prussia, che avvenne per errore, allorché un fabbricante di colori svizzero, Johan Jacob Diesbach, provando a riprodurre il carminio senza ricorrere alla cocciniglia, ottenne un azzurro luminoso che avrebbe sostituito il costoso oltremare, la materia (polvere di lapislazzuli) di cui è fatto il manto della Vergine nella pittura del Rinascimento. Storia fatale, storia di incroci. Da questo stesso pigmento sintetico si ricavò il cianuro, l’acido blu che sarebbe stato utilizzato nelle camere a gas di Auschwitz: donde il colore bluastro ancora rimasto su qualche mattone del campo. Per avvelenamento da cianuro morirà Alan Turing, forse suicida, colui il quale decrittò il codice delle comunicazioni tedesche durante la Seconda Guerra mondiale e fu ripagato dal governo inglese con trattamenti di castrazione chimica che ne contrastassero l’omosessualità…
È una contro-storia in cui Hitler, Einstein, Schrödinger, Haber (che riuscì a estrarre l’azoto dall’aria) coabitano con anonimi figuranti. Come tutte le contro-storie, il retroscena ha pari dignità dell’avanscena. E il senso di colpa dello scienziato, che si misura con le con le conseguenze della scoperta, assume più rilevanza dei fasti di un Nobel
L’autore interverrà da remoto
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