Incontro con Maria Malatesta, autrice di Storia di un’élite. La nobiltà italiana dal Risorgimento agli anni Sessanta (Einaudi).
Conduce Alessandro Capone.
A differenza delle altre nobiltà europee, quella italiana riuscì a sopravvivere pressoché indenne ai mutamenti sociali e di regime, denotando – tra Otto e Novecento – notevoli capacità di adattamento. Non fu soltanto merito di una politica matrimoniale ‘endogamica’, capace di fugare il rischio delle mortifere mésalliances con la borghesia rampante. Se circa duecento famiglie, stando alle stime di Maria Malatesta, occuparono i principali gangli del potere dall’Unità d’Italia al 1943, ciò fu dovuto a molti fattori, non ultimo il formarsi di una vera e propria élite all’interno dell’élite, una nobiltà in cui, oltre al privilegio e alla rendita di posizione, giocava un ruolo decisivo anche la coscienza delle responsabilità pubbliche, degli oneri connessi al ceto. Coscienza etimologicamente aristocratica, legata come fu alla dimostrazione effettiva del valore sul campo.