Incontro con Maurizio Ferraris, autore di Fare la verità (il Mulino).
Conduce Gennaro Carillo.
Fare la verità è una proposizione senz’altro più ambigua di sapere la verità. A causa del verbo, che potrebbe far pensare a contraffazione, impostura, spaccio di verità alternative. E invece Ferraris, in un libro che parla di Agostino e di tutto il resto, intende proprio qualcosa di molto nobile: una aleturgia, letteralmente un’operazione, un’attività (ergon) che ha come oggetto – come risultato finale – la aletheia, la verità. Nel senso sia di una corrispondenza della proposizione con la cosa, sia di un’adeguatezza dei mezzi, della tecnologia impiegata, allo scopo perseguito. Questo fare può assumere le forme di una prassi, di una produzione (poiesis), di un’imitazione (mimesis), «e a volte persino di una idea».
In ogni caso, la verità poggia su un presupposto materiale, su uno stato di cose. Su un’ontologia realistica: «portatori di verità», non riducibili a un’imitazione delle idee, le cose ci sono.