Lettura scenica di Valentina Carnelutti.
Intervengono Gennaro Carillo e Sebastiano Triulzi.
La letteratura è sempre stata interessata dalle trasformazioni dell’economia. Questa frase può essere letta in due sensi.
Il primo è che la letteratura, come qualsiasi altra produzione dell’industria culturale, è anche merce. Si stilano classifiche dei libri più venduti, si studiano campagne di marketing per la promozione di una novità, si organizzano fiere del libro, si concedono anticipi a pochi eletti (dal mercato), si affama il resto, diviso tra precari ed esercito industriale di riserva.
Il secondo senso è che l’economia è essa stessa materia di racconto. E lo è proprio in ragione del suo carattere metamorfico. Oltre a mettere in gioco le passioni umane, da quelle primarie a quelle più sofisticate, l’economia è forse il sintomo più macroscopico del tempo. Dei tempi. In quest’accezione, l’economia è interessante, interessantissima. Utile, dispendio glorioso, consumo, risparmio, accumulazione, qualunque movente economico racchiude una storia in nuce. Dal Faust di Goethe alla Commedia umana, in cui Balzac intuì lucidamente l’avvento della grande finanza globale e della sua ‘mistica’, da Zola ai Buddenbrook e a Volponi, passando per Marx, Benjamin, Bataille, Jameson, Mark Fisher, la modernità ha sempre – seppure ambiguamente – messo in discussione il capitalismo, delle cui trasformazioni la ‘letteratura’ è un sensore potente, non di rado più efficace della scienza triste degli economisti en titre.
Tutto questo, Valentina Carnelutti proverà a raccontarcelo, col contrappunto critico di Sebastiano Triulzi e Gennaro Carillo.