A Letteratura di Salerno, Adriano Sofri ha portato parole asciutte, piene, mai decorative. Ha parlato di guerra, ma anche di ciò che tiene insieme le persone quando tutto si rompe. Riguardo al suo viaggio in Ucraina in tempi difficoltosi per la Nazione, ha raccontato: “Andare in un posto di guerra è un privilegio. Ti permette di conoscere chi viene bombardato, denudato, oltraggiato. È qualcosa che non dimentichi più.”
Ha raccontato la solitudine dopo il coprifuoco, le città vuote, la luce che cambia. Ma soprattutto ha parlato di legami:
“Se sei in un rifugio con una famiglia, un cane, un gatto… in quell’ora vi conoscerete. È un’intimità che involontariamente si raggiunge.”
Poi si è fermato sull’Occidente, su ciò che siamo diventati:
“Forse non vogliamo più avere idee. Ma sapere cosa non siamo più, è già qualcosa.”
Sofri ha invitato a non abbassare lo sguardo, a tenere vive le domande più difficili, quelle che riguardano la nostra umanità e la libertà. Un monito a non accettare facili risposte, ma a cercare verità anche quando fanno male.
Lorenza Di Benedetto